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  • Immagine del redattoreDonatella Bollani

Smart working: le aziende diventano Community Manager

Aggiornamento: 28 ott 2022

Le aziende diventano dei Community Manager e lo spazio abilita competenze e facilita il lavoro e il benessere relazionale. Ne abbiamo parlato con Lamberto Agostini, Responsabile del Dipartimento Project & Development Services di Cushman & Wakefield, anche in occasione della visita ai nuovi uffici milanesi di via Moscova 18. Anticipo l’interessante concept di eFM che coniuga organizzazione aziendale, digitalizzazione e progettazione degli spazi nel nuovo modello Hubquarter e mediante la piattaforma MySpot, per parlarne nella prossima puntata con Daniele Di Fausto Ceo della società e fondatore del Think Thank Venture Thinking.

Lo Smart Working semplificato prorogato al 31 agosto lascia ancora un po’ di tempo alle aziende per ridefinire accordi e ottimizzare l’organizzazione.

Concludo con la segnalazione del libro da poco pubblicato a firma di Luca Pesenti e Giovanni Scansani, “Smart Working Reloaded”, che ripercorre la storia del Telelavoro, prima, e del Lavoro Agile poi, ponendosi un interessante quesito: fino a che punto è umanamente sostenibile l’utopia della remotizzazione totale?

E da ultimo un pensiero al design e al crescente bisogno di flessibilità – aspettando la Design Week milanese ;-) – con il link all’articolo sugli arredi mobili pubblicato dalla testata Office Layout.




Ospite di questa puntata Lamberto Agostini, Responsabile del Dipartimento PDS (Project & Development Services) di Cushman & Wakefield: "La funzione principale dei nuovi uffici sarà quella di favorire la collaborazione, lo scambio di idee tra i dipendenti", come è emerso dall’indagine di C&W XSF (Experience per Square Foot).


I nuovi uffici di Cushman & Wakefield in Via Turati 18 a Milano. Progettati secondo l’elemento cardine del “Total Workplace Ecosystem”, per migliorare le esperienze quotidiane dei dipendenti e incrementare l’organizzazione del lavoro secondo i criteri “Activity based working”, con meno postazioni fisse e più ambienti condivisi e aperti, dove svolgere attività singole ma anche comuni e stimolare i rapporti umani.



Cuore del progetto, il Business Social Hub che rappresenta lo spirito dell’azienda. È uno spazio condiviso tra professionisti, visitatori e clienti per far incontrare e conoscere le persone, condividere idee e progetti. Uno spazio di 325 mq organizzato con aree di lavoro dinamiche, tavoli, zona living, alcove, zone per colloqui informali. La presenza di un bar con relative sedute e tavolini e un grande led-wall sulla parete principale consente una migliore accoglienza per i clienti e l’organizzazione di eventi. A completamento del Business Social Hub si trovano le sale riunioni principali molto accoglienti, ognuna dotata di libri d’arte e di architettura, una piccola zona lettura e una macchina per il caffè, accorgimenti per garantire un’atmosfera più domestica.

Lamberto Agostini - Responsabile del Dipartimento PDS (Project & Development Services) di Cushman & Wakefield: “La funzione principale dei nuovi uffici sarà quella di favorire la collaborazione, lo scambio di idee tra i dipendenti, come è emerso dall’indagine di C&W XSF (Experience per Square Foot). Ecco perché nel progettare i nuovi uffici abbiamo destinato circa il 30% (520 mq) dello spazio ad aree di condivisione. L’energia che scaturisce dall’interazione tra le persone è visibile e si respira ogni giorno. Questo è lo spirito e l’anima di questi spazi”.

Nell’area operativa, i nuovi uffici di Cushman & Wakefield, sono dotati di 148 postazioni di lavoro in open space, prenotabili via app da lasciare a fine giornata, uffici chiusi utilizzati anche come sale riunioni, alcove rivestite in tessuto dedicate alle riunioni di piccoli gruppi che garantiscono un ottimo assorbimento acustico, phone booths, spazi chiusi dedicati alle telefonate, acusticamente isolati per conversazioni telefoniche individuali. E ancora, sale riunioni operative chiuse in cui è possibile lavorare con i colleghi in modalità fisica o in video-conference e una Quiet Room con 16 postazioni per potersi concentrare al meglio escludendo l’uso del telefono. Infine, una Training Room, dotata di arredi componibili riconfigurabile in modalità diverse che può ospitare fino a 25 persone. Tra gli spazi in condivisione, all’interno degli uffici è presente l’Area Break per i dipendenti, per consumare un caffè o pasti veloci in modo confortevole e consentire momenti di pausa dall’attività lavorativa. La sala è dotata di una smart tv dove vengono trasmesse le notizie del giorno.

Il progetto, infatti, prende in considerazione tutti i requisiti del protocollo WELL per rendere gli ambienti conformi alle necessità delle persone in fatto di benessere ed equilibrio psicofisico. Programmi specifici per il coinvolgimento delle persone in attività fisiche individuali e di gruppo vengono gestite dal dipartimento HR della società.


Dati


HUBQUARTER e MYSPOT, la tecnologia abilita gli spazi

Lo specialista di modelli “abitativi” eFM propone alle aziende un paradigma di lavoro fondato sulla condivisione del patrimonio immobiliare e di esperienze, che poggia sulla piattaforma MYSPOT. Obiettivi? Arricchire le persone attraverso scambi e incontri, massimizzare benessere ed engagement, accrescere la produttività, garantire sostenibilità.

EFM è una società fondata nel 2000 che in breve tempo si è imposta come leader nella trasformazione digitale dei luoghi.



Nel costruire la new way of working, le aziende devono fare riflessioni sui propri spazi. Gli uffici sono vuoti fino al 70% della loro capienza, eppure continuano a generare costi vivi. La maggior parte degli ambienti non è efficace per un modello di lavoro ibrido, perché molti di loro sposano il vecchio principio di ottimizzazione degli spazi e non l’Activity Based Working.

Il modello si basa dunque su un network di luoghi nei quali creare e far crescere community di professionisti. Alle aziende viene proposto di condividere con il network (“mettere in rete”) una parte del proprio patrimonio immobiliare, aprendolo a contaminazioni positive, a processi di creatività e di Open Innovation.

All’interno del network, i professionisti possono disegnare la loro esperienza / journey in funzione delle proprie esigenze, ovvero scegliere dove vivere l’esperienza lavorativa. Ed è proprio su questo aspetto che il progetto di eFM assume i tratti più innovativi: la scelta, infatti, si può basare sulle caratteristiche fisiche del luogo, ma soprattutto sulla ricchezza relazionale degli stessi. EFM definisce ogni luogo (Spot ) come un relational workplace, ovvero come punto di incontro di community di professionisti, la cui frequentazione stimola creatività e innovazione, crea nuove idee e contatti e favorisce l’aggiornamento, con benefici in termini di engagement.


MYSPOT è la piattaforma eFM che abilita l’Hubquarter. Assume le sembianze di un’app mobile e con quel tipico look consumer che la rende di semplice utilizzo da parte dell’utente finale.

MYSPOT è un assistente, una bussola per la work experience nell’era del lavoro diffuso. È molto più di uno strumento di booking degli spazi, per quanto la prenotazione rappresenti una delle sue funzionalità nonché una dinamica cardine del nuovo modo di lavorare. Il fatto che MYSPOT sia qualcosa di ben più ampio lo si vede fin dall’onboarding, nel quale gli utenti devono selezionare le proprie competenze professionali e personali, così da permettere al sistema di ‘creare rete’, di innescare contenuti e suggerimenti personalizzati.

La scelta del luogo di lavoro avviene principalmente in funzione del suo Genius Loci: ogni ambiente è il punto di incontro di diverse community fondate sull’affinità di knowledge professionali e attitudini personali. Così facendo, il sistema permette agli utenti di vivere work experience personalizzate e proficue in termini di arricchimento soggettivo, di formazione continua, di sviluppo di nuove competenze, di creazione di contatti e opportunità. Sempre in MYSPOT sono poi presenti sezioni dedicate ai Learning Tips e agli eventi dei vari Spot presenti sul territorio.

Infine, ma non per importanza, la piattaforma segue il percorso dell’employee, acquisisce dati anonimizzati sulle sue prenotazioni e sull’uso degli strumenti della piattaforma per capire il modo in cui vive l’esperienza di lavoro e accompagnarlo nello spazio diffuso dell’Hubquarter.

Ciò alimenta tre metriche distinte (Resonance, Growth ed Entanglement)

è una stima del livello di benessere relazionale e della predisposizione della persona ad entrare in contatto con altre persone e con le community che popolano l’ecosistema».


I dati ci dicono che il livello di engagement - solitamente al 5% - sale al 40%: lo spazio distribuito come luogo di accrescimento personale genera benessere nelle persone. Più che raddoppiata - dal 10% al 23% - la percentuale di knowledge exchange. Le persone stringono legami più intensi, si scambiano competenze e arricchiscono il proprio orizzonte relazionale.


Normativa


Smart working semplificato per tutta l’estate. E per i fragili tutele prorogate al 30 giugno

È stato prorogato fino al prossimo 30 giugno il regime di tutela per i lavoratori fragili. Non solo. Prorogato fino al 31 agosto anche lo smart working «semplificato» per il settore privato.

Il datore di lavoro dovrà comunicare al ministero del Lavoro, in via telematica, i soli «nominativi dei lavoratori e la data di inizio e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile». Non sarà tenuto a inviare tutti i Pdf degli accordi individuali sottoscritti con i singoli lavoratori (che comunque l’azienda dovrà conservare).


Opinion leader


Dopo la svolta imposta dalla pandemia è venuto il momento di chiederci: fino a che punto è umanamente sostenibile l’utopia della remotizzazione totale?

Ne parlano Luca Pesenti e Giovanni Scansani nel loro nuovo libro “Smart Working Reloaed” che ci ricordano il momento storico nel quale nacque il Telelavoro…le assonanze con la situazione attuale sono interessanti ;-)



Correva l’anno 1973. L’economia mondiale viveva una crisi non molto differente da quella che stiamo vivendo in queste settimane. Era il tempo dello shock petrolifero, che rimanda a certe fotografie milanesi di strade popolate soltanto da biciclette e uomini a cavallo. Di fronte a questa crisi così drammatica, Mister Jack Nilles, ex-ingegnere Nasa, intuì la possibilità di remotizzare il lavoro grazie alle tecnologie dell’informazione. Una soluzione perfetta per abbattere drasticamente le necessità di spostarsi e dunque per ridurre in modo radicale i consumi energetici. Chiamò questa idea “teleworking”.



Tuttavia, l’esperienza della pandemia (ma prima ancora, una abbondante letteratura proveniente da Paesi in cui la remotizzazione del lavoro è già da molto tempo un’esperienza diffusa) sembra suggerire che accanto a questi innegabili vantaggi la remotizzazione del lavoro, porti con sé anche non pochi rischi. C’è ad esempio un’ampia evidenza scientifica dei rischi associati all’aumento dello stress, alla rottura degli argini tra tempo per sé e tempo di lavoro, all’aumento delle ore lavorate a parità di salario, alla sensazione di isolamento, le cui conseguenze ricadono sulla tenuta psicologica della persona ma anche sulla possibilità stessa di concepirsi come parte di quella peculiare forma di comunità che è l’impresa. Con sullo sfondo, si badi, anche la concreta possibilità che si vadano ad indebolire gli strumenti tradizionali della rappresentanza, con ripercussioni ovvie sulla capacità del sindacato di continuare ad essere in relazione con luoghi di lavoro sempre meno popolati o addirittura deserti. Non è dunque un caso se un recente Report Inapp (Istituto Nazionale Politiche Pubbliche) segnali come il 54% di chi ha fatto esperienza del lavoro da remoto in questi due anni non abbia più intenzione di utilizzarlo proprio a causa degli effetti negativi segnalati. Per limitare questi rischi, riteniamo che occorra molto tempo e molto impegno per concepire una nuova organizzazione del lavoro. Occorrerà riprogettare le organizzazioni, ripensare i ruoli, concepire il management fuori dalla logica moderna comando-controllo ma dentro l’idea di un modello produttivo costruito per fasi, cicli e obiettivi misurabili e dunque valutabili. L’organizzazione agile dovrà essere costruita a partire dalla fiducia, dalla libertà di chi lavora di scegliere se e in che misura avvalersi di modalità di lavoro da remoto, dalla capacità di tenere vive le relazioni e di non svuotare di significato i luoghi del lavoro, che sono anche elementi essenziali dell’identità di chi ci lavora. Se così sarà, anche il lavoro agile potrà concorrere a umanizzare il lavoro, salvandolo dalle logiche disumanizzanti e immunizzanti del lavoro digitalmente modificato. Una sfida di civiltà.


Design


Arredi nomadi per l’ufficio ibrido

Cambiano configurazione, si possono spostare con facilità, sono affiancabili ad altri moduli per creare nuovi layout oppure, quando non utilizzati, rimanere di ‘riserva’. Sono gli arredi nomadi nati per supportare il lavoro di gruppo e l’ibridazione dei saperi. Ne parla Antonia Solari sulle pagine della rivista Office Layout che intervista una serie di esperti e responsabili di aziende di arredo. Riporto, fra tutti, due punti di vista che mi sembrano particolarmente interessanti.

Jeffrey Rhoads, director of portfolio and application design di Herman Miller, mette l’accento sulla velocità richiesta nell’adeguamento degli spazi: “Le organizzazioni che ripensano i loro ambienti per supportare il lavoro ibrido sono alla ricerca di modi per aumentare l’agilità di riconfigurazione all’interno dei loro spazi. Stiamo dunque osservando una crescente domanda di arredi che forniscono una maggiore mobilità. A volte il bisogno è guidato dal desiderio dei dipendenti di spostare in autonomia e rapidamente gli arredi, altre volte l’organizzazione vuole che il team del Facility Management sia in grado di apportare modifiche, anche di una certa rilevanza, in tempi contenuti, spesso durante la notte, per non interrompere l’attività lavorativa”.

Un’altra chiave di lettura trasversale nel mondo del progetto per l’ufficio riguarda l’attenzione verso l’uomo, la ricerca di soluzioni in grado di garantire il suo benessere, considerato anche come il più efficace vettore verso la produttività del singolo. Va in questa direzione l’interpretazione del tema fornita da Tim Reusch, head of the consulting and planning studio di Vitra: “Quando si progettano gli uffici, l’attenzione si concentra sulle esigenze delle persone, sulla collaborazione e sui requisiti di lavoro. L’ufficio del futuro è caratterizzato da una flessibilità sempre maggiore, non è semplicemente un ‘luogo’ delimitato da quattro mura e un tetto. Deve riflettere le trasformazioni di una città in continua evoluzione, dove si creano nuovi spazi, si rinnovano gli edifici, con un ritmo a volte intenso e concitato, e poi fermo e chiaro, per dare origine ogni volta a qualcosa di diverso. L’ufficio è sempre in movimento, agile e flessibile, per adattarsi costantemente ai cambiamenti organizzativi. In quest’ottica, gli arredi sono gli strumenti che possono aiutare i ‘cittadini’ di un ufficio a ridefinire i propri ambienti di lavoro e il proprio benessere”.


Nuovi modelli organizzativi, change management, e nuovi spazi; HR, società di consulenza e società di progettazione sono impegnati in un unico campo di ricerca e messa a punto di formati.


Se vi piacciono queste brevi chiacchierate, che sempre potrete approfondire attraverso il mio Summary al blog LaBollani.it, continuate a seguirmi.



A presto da #LaBollani

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